IL TARANTISMO

CANTO

Differente ed indubbiamente più antica e quel tipo di danza derivata dal fenomeno culturale del "tarantismo" o "tarantolismo". In esso la scienza delle religioni ha riconosciuto un organico sistema di nessi miticorituali che la tarantella sintetizza nel suo momento risolutivo.

"Il tarantismo--scrive Ernesto De Martino - si presenta tipologicamente coi trattamenti coreuticomusicali africani di possessione da parte di demoni (Nord Africa, Etiopia, Niger e poi ancora Cuba, Haiti, etc.) e si differiscono dalle epidemie di danza del Medio Evo (Ballo di S. Vito, etc) proprio per la posizione risolutiva e terapeutica che la tarantella occupa, a cominciare dalle sue prime manifestazioni storiche salienti, che coincidono cronologicamente con le espressioni 'coreiformi' collettive.

Queste ultime si presentano come manifestazioni meccaniche incontrollate di impulsi psicomotori. La tarantella restaura un comportamento regolato si muove nell'orizzonte mitico della possessione...".

In questa danza vengono infatti mimati i dolori e le convulsioni provocate dal morso del ragnotarantola. È un ballo frenetico che dura a volte intere giornate, dall'alba al tramonto, come testimonia il Sangenito nelle "Lettere memorabili istoriche politiche et erudite" (Napoli, 1963).

La taranta veniva ridotta all'impotenza attraverso gli esorcismi musicali e cromatici.

Il luogo per il rito esorcistico veniva ornato con nastri multicolori. Successivamente la vittima del morso si lasciava coinvolgere dal ritmo, entrando in uno stato di "possessione" e dava irrefrenabilmente sfogo al bisogno di danzare. Questa necessità si risolveva a volte in poche ore, altre volte si arrivava anche a più giorni.

I primi esempi di terapia musicale hanno radici molto antiche e risalgono addirittura agli insegnamenti di Ippocrate e di Platone.

Quest'ultimo, nell'Eutidemo, accenna all'impiego di formule cantate per annullare le conseguenze dei morsi di scorpioni e serpenti.

Altra azione sedativa della musica e della danza viene testimoniata da un passo di Euripide: Demetra, preoccupata per la scomparsa della figlia Persefone, viene placata nei suoi eccessi isterici da una terapia musicale messa in atto dalle Muse e da Cipride, dea della bellezza.

  L'autore esprime splendidamente questi momenti con i seguenti versi:

"... Zeus per addolcire

il cuore corrucciato della Madre

parlò e disse: 'O Cheriti,

o venerande, andate

a Deo (Demetra) adirata per la vergine

togliete con i vostri

gridi festosi ogni dolore

rallegrate, o Muse

con i canti e le danze.

E fu allora che Cipride

la bella delle belle

tra gli esseri beati

fece la prima volta col suo fiato

risuonare la voce

sotterranea del bronzo

e le tese membrane

dei timpani percosse con le dita..."

 

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