IL SIMBOLISMO DEI PASSI

Molto più significativo è invece il simbolismo dei passi di danza, sia che avvenga con coppia omogenea che con coppia mista. Chiara appare la connessione della ritualità e della gestualità della "viddhaneddha" con quelle tradizionali del codice della "ndrangheta.

Prima delle danze si proponeva la delimitazione dello spazio circolare entro cui il ballo doveva aver luogo. Era quasi una rievocazione simbolicospaziale del territorio di appartenenza tribale: il villaggio, il paese, il rione. Finalità recondita ne era la simbolica conquista, il predominio.

A dirigere le danze veniva tacitamente e preventivamente prescelto il capo carismatico: l'uomo di maggior rispetto e di conclamata abilità. A costui era scontata la sudditanza degli astanti. Era questi il "mastru d'abballu" (il maestro di ballo) che alle prime note dei suonatori si disponeva al centro del cerchio, quasi ad evocare su di sé il potere derivante dal suo carisma, e dopo i primi accenni di danza si dirigeva verso gli spettatori fra i quali sceglieva il compagno o la compagna. Lo faceva con un gesto lento, gentile e spavaldo allo stesso tempo, con un lieve inchino e dopo aver salutato toccandosi la fronte con le dita ripiegate della mano destra. Dopo qualche giro si riavvicinava agli astanti e con le stesse modalità invitava a sostituirlo un altro ballerino, occupandone il posto fra il pubblico. Dopo un certo lasso di tempo si reinseriva nella danza sostituendo il primo entrato con la formula: "fora 'u primu" (fuori il primo). Continuava così alternandosi costantemente fino alla fine delle danze.

Non ci si ribellava alle direttive espresse del mastru d'abbaui: se ne accettavano umilmente le decisioni. Talora però questi prevaricava il suo potere favorendo eccessivamente o trascurando ostentatamente qualcuno, in questi casi, purtroppo, spesso finiva male. Il presunto offeso non si teneva lo sgarbo e reagiva subito o dopo la festa: erano coltellate o bastonate. Quanta gente moriva così! Furono questi i motivi che indussero il questore protempore di Reggio, negli anni cinquanta, a proibire la tarantella nelle piazze cittadine durante le feste patronali.

Si è detto della delimitazione del cerchio quale simbolico momento territoriale. Vediamo adesso il rituale significato dei passi di danza, soffermandoci primariamente sulla "viddhaneddha" a coppie omogenee (uomouomo). Formata la coppia a comando del mastru d'abballu i due protagonisti iniziavano la danza: quasi un primo momento di studio per la contesa del potere, del possesso del cerchio. I contendenti si disponevano lungo la circonferenza e, guardandosi l'un l'altro, cercavano di imitarsi i passi.

Si giocava di abilità man mano che i suonatori aumentavano il ritmo.

Scopo dei protagonisti era di imporsi spingendo l'avversario verso il centro del cerchio.

I passi erano spesso doppi, ondeggiati per rallentamento del passo corto che batteva in mezzo dei due tempi e campeggiato per sostentamento del primo passo che portava la persona. I movimenti dei due tronconi del corpo, diviso idealmente all'altezza della cintura, erano indipendenti: le gambe aumentavano freneticamente la velocità; il tronco, quasi sempre statico, oscillava lentamente quasi per disorientare l'avversario. A volte un dito veniva puntato verso l'alto in segno di sfida, per "chiamarsi" il posto, cioè il diritto alla supremazia.

Altre volte si cerca di impressionare e disorientare il compagno di ballo con il "soprapasso". È un passo di danza difficilissimo e stressante: consiste nell'intrecciare i passi (si chiama anche "'intricciata") quasi mimando una veloce rincorsa battendo un piede all'esterno dell'altro alternativamente.

Allorché uno dei contendenti riesce a conquistare il bordo del cerchio inizia il "passo 'ill'adornu", cioè il mimo del volo del rapace quando questi cerca di "'nnopiare" la preda (affascinarla per poi piombarle addosso e ghermirla). Il ballerino segue un itinerario spiraloide stringendo sempre più verso il centro l'avversario. Per "'nnopiarlo" (stordirlo distraendolo) alza le braccia ripiegate al gomito sopra le spalle, facendole oscillare lentamente in senso verticale idealizzando il battito delle ali del falco.

L'avversario, se perdente o rassegnato si riduce al centro dell'area e manifesta la sua rinuncia alla lotta rallentando stancamente il ritmo dei passi ed abbassando le braccia. È il momento della vittoria ed il "mastru d'abballu" interviene per rilevare il rinunciatario sostituendolo.

Ma non sempre un contendente si lascia sopraffare dall'altro e cerca di interromperne l'itinerario operando il "tagghiapassu" (tagliapasso) tenendo testa con l'abilità e la velocità dei passi. A questo punto il contrastato, non riuscendo più a passare con le buone, mette in atto la "schermiata" (il duello). Rappresenta il mimo del duello rusticano. Un dito puntato prima verso l'avversario e poi verso il cielo e il segnale d'inizio. I contendenti si dispongono l'uno di fronte all'altro: la mano destra a dita unite raffigura il coltello e compie nell'aria movimenti ondeggianti parabolicamente, pronta al fendente o all'affondo. La sinistra, un po' più flessa, si muove pure più bassa, sia per distrarre l'attenzione dell'altro, sia per essere pronta a parare eventuali colpi. Anche in questo caso lo sconfitto si ritirerà verso il centro lasciando il campo all'avversario.

Nella "danza dei bastoni" lo scontro e apparentemente più cruento e realistico esaltando l'abilità dei contendenti.

Evidenti sono, nel complesso di questi rituali, i richiami ai canoni mafiosi delle consorterie tribali: lo spazio, il predominio, il rispetto per il capo carismatico, il "mastru d 'abballu" identificabile chiaramente con il "mastru 'i jurnata" della gerarchia 'ndranghetistica, etc.

Di concezione diversa, anche se sempre valido è il fine recondito della conquista, è la danza a coppia mista (uomodonna). Si verifica il mimo del corteggiamento. La donna fa ricorso a tutte le sue arti sottili di civetteria, sempre però discreta e contenuta; vivo dev'essere naturalmente il senso del pudore! E tutta una schermaglia di sguardi, di sottintesi, di desideri appena accennati, di pudori. Anche qui chiaro è il richiamo alla danza greca classica. Non poche sono infatti le testimonianze di forme di erotismo nella danza dovute a crisi femminili che trovavano nell'antica Grecia soluzioni miticorituali nelle pratiche orgiastiche dei culti dionisiaci, oppure in quelle varie forme di erotismo riconducibili al menadismo.

Nella danza a coppia mista uomo e donna si dispongono lungo il bordo del cerchio fronteggiandosi. I primi passi di danza sono lenti: lui fissa negli occhi lei, per intuirne l'assenso; lei guarda basso: un po' per pudicizia, un po' per non farsi sorprendere dai passi dell'uomo, pronta a rispondere con altrettanta abilità. Lei poggia sui fianchi le mani con le palme rivolte all'esterno. È un atteggiamento molto elegante che ricorda le sinuose forme delle anfore greche, ma è anche una posizione densa di civetteria per esaltare i fianchi e la formosità dei seni.

Fatti alcuni giri esterni, la coppia stringe al centro: talvolta lui batte il ritmo con le mani, talvolta sotto il ginocchio della gamba alzata, e cerca di girare intorno alla donna per mimare il corteggiamento. Lei si ritrae, opera il ,"tagghiapassu", oppure piroetta per sfuggire all'assedio e per offrirsi sempre di fronte all'altro. A volte lei solleva un braccio al di sopra della testa facendo la "scartagnetta", scandendo cioè il ritmo con lo schiocco della dita, talaltra gioca facendosi scorrere dietro il collo "u muccaturi" (il foulard) oppure agitandolo davanti al viso dell'avversario. È una sottile allusione alla profferta amorosa, un invito, un incoraggiamento. L'uomo cerca sempre di impressionarla con l'abilità dei passi: cerca di "'nnopiarla" per poi "'nzingarla" o "scapigghiarla" (prendere cioè il fazzoletto della donna ripetendo gli antichi rituali della dichiarazione d'amore che anticamente presso alcune comminutà si manifestavano appunto con la "'nzingata" (segnata) toccando il viso della donna oppure strappando la manica della camicetta; la "scapigghiata" consisteva invece nello scompigliare i capelli della ragazza).

Molte volte la coppia danza spalla contro spalla esprimendo il massimo dell'erotismo attraverso il contatto diretto.

Anche in questo caso il "mastru d'abballu" interviene, spesso su allarmata sollecitazione dei parenti della ragazza o di qualche altro interessato. A volte l'intervento non è gradito e si conclude successivamente in forme cruente di scontro.

La tarantella non ha in genere breve durata: il ritmo aumenta man mano fino ad assumere toni ossessivi e trascinanti grazie anche alla monotonia musicale. I suonatori si eccitano sempre di più anche per lo stimolo del vino che in "bumbuli" di terracotta passa spesso per dissetare e stimolare.

Si è parlato del significato simbolico e rituale dei passi, ma coloro che oggi danzano e sfruttano commercialmente la tarantella forse non lo sanno. Ripetono passi che hanno sempre visti durante i balli degli "antichi" e non sanno, in fondo, di fare cultura perpetuando gesti che furono dei loro avi, da millenni.

È un po' la storia degli artigiani calabresi che riproducono, inconsciamente, nei loro oggetti e nelle loro tecniche aspetti di altre culture molto più profonde e nobili risalenti alle più antiche civiltà mediterranee di cui quella calabrese e discendente diretta.

 

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